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Botta e risposta

Continua la querelle fra Francesco Colafemmina e Rinaldo Amorosi sul tema ligustica, ecotipi e altro… Dibattere è il sale del confronto e della crescita e la Rivista non si sottrae. Ecco la replica di Colafemmina. Tutto ha avuto inizio da un articolo di Colafemmina comparso sulla Rivista Nazionale di Apicoltura, maggio 2016, dal titolo “Ligustica sì, ligustica no… se famo du spaghi… al quale c’è stata la risposta di Amorosi… (la puoi leggere ⇒ qui)

Il mio articolo dedicato alla presentazione di un progetto di tutela della Ligustica nell’ambito di un incontro promosso dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia ha suscitato la risposta un tantino seccata del presidente dell’Associazione Apicoltori dell’Alto Lazio, Rinaldo Amorosi. Amorosi mi accusa di aver scritto una infinità di inesattezze nell’articolo e precisa quali. Cercando di fornire utili strumenti all’individuazione dei numerosi problemi legati all’allevamento di regine in Italia offrirò qualche ulteriore risposta.

(1) Anzitutto Amorosi chiarisce che il progetto attuato dagli Apicoltori dell’Alto Lazio non parte dalla tutela di un ecotipo, ma “vuole arrivarci”. Senza attardarci su chi sia nato prima, se l’uovo o la gallina, ci terrei a chiarire che un ecotipo è il frutto di millenni di selezione naturale. Dire che una ligustica emiliana sia altrettanto appropriata al territorio dell’alto Lazio o della Murgia di un ecotipo ormai scomparso mi sembra una visione un po’ ideologica della questione ligustica.

(2) L’incontro aveva per tema la proposta di un progetto di salvaguardia della ligustica, su questo non ci piove. Progetto che è stato illustrato da Marco Valentini e che è stato già applicato in un parco, quello dei monti Navegna e Cervia. Lo stesso Amorosi scriveva sul sito della sua associazione il 20 marzo scorso: “Andremo al sud d’Italia, nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, e insieme a Marco Valentini di bioapi.it, proveremo a far diventare, un semplice interesse e curiosità sul tema, un vero progetto. “D’altro canto sulle ragioni per cui sarebbe necessario salvare sempre e comunque la “razza italiana” dissento profondamente. Perché anzitutto vorrei capire questa razza italiana allo stato attuale quali legami ha con gli ecotipi autoctoni delle varie regioni d’Italia che esistevano almeno cinquanta anni fa. D’altro canto richiamare le normative, col sapore dell’indice inquisitorio, è poco efficace in un settore nel quale ancora si fa largo uso di acaricidi non consentiti dalla normativa vigente. E in generale le normative sono ormai del tutto obsolete. Penso ad esempio a quelle sulle certificazioni di api ligustiche per la vendita con finanziamento di sciami e regine. Si tratta infatti di adempimenti burocratici che gravano sugli apicoltori e non certificano la qualità di sciami e regine, perché – come ben sanno tutti gli apicoltori – basta prendere un gruppo d’api da un alveare in cui c’è una ligustica certa per poter certificare come ligustiche regine che non lo sono e sciami che non lo sono. Ma questo è un altro discorso, ossia quello di chi si vuole aggrappare alla legge italiana per propugnare la difesa della razza ligustica senza accettare alcun dibattito ma trincerandosi dietro allarmismi e accuse.

(3) L’impostazione mentale di chi vuole “imporre” la ligustica è di stampo più o meno autoritario. Fosse per i sostenitori della ligustica o morte (per citare un motto rivoluzionario greco) bisognerebbe, “manu militari”, sgomberare il territorio dagli “ibridi” e sorvegliare e punire (mi si perdoni il riferimento a Foucault) tutti gli apicoltori che acquistano buckfast, carniche o altre razze (impure). Anche e soprattutto i nomadisti che macinano chilometri nella speranza di preservare le loro imprese dagli scherzi dei cambiamenti climatici e dall’impatto crescente dei costi gestionali. Naturalmente bisognerebbe provare a proporre ad apicoltori da generazioni, come gli amici abruzzesi, che vengono ogni anno qui in Puglia per l’impollinazione, di cambiare il loro parco api per salvaguardare la purezza della razza… Immagino che la risposta potrebbe essere: “Ah sì?Noi dovremmo cambiare regine non nell’ottica di una migliore produttività e salute degli alveari, ma nell’ottica della salvaguardia di una razza? Allora perché non venite a fare gli apicoltori al posto nostro???”.

(4) Bisognerebbe chiedersi come sia possibile organizzare dibattiti sulla ligustica senza prima sapere quale sia la situazione locale, quali le problematiche essenziali degli apicoltori, e quali le facoltà di un Parco di agevolare l’attività degli stessi apicoltori. Non partecipare a dibattiti presentando progetti applicati in un contesto nel quale convivono pochi piccoli apicoltori, nel quale non ci sono fioriture di interesse apistico che attraggono migliaia di alveari ogni anno, nel quale la qualità dell’ambiente è sicuramente superiore a quella di alcune aree della Murgia.

(5) Un apicoltore che denuncia un avvelenamento all’interno del Parco non lo fa per prendersela con il Parco. Il Parco stesso è per molti aspetti impotente dinanzi alla volontà del singolo agricoltore di irrorare pesticidi spesso vietati. Quando l’apicoltore in questione ha denunciato un avvelenamento in una zona del parco lo ha fatto presso le autorità competenti, ossia la rete Beenet. Quando si è verificato l’avvelenamento non esisteva peraltro la legge regionale che vieta i trattamenti in fioritura e che l’associazione di cui faccio parte, l’ARAP, ha contribuito a far approvare dopo anni di vuoto normativo. D’altro canto, l’ente Parco può ben poco contro chi usa contra legem pesticidi in fioritura. E nondimeno si sta avviando una campagna di formazione della “polizia” del parco, il Corpo Forestale dello Stato, per cercare di far rispettare questa normativa. Semplicemente, da apicoltore e da membro del direttivo della principale associazione apistica pugliese, mi sento in dovere di dire che per certi versi è stata irrituale l’organizzazione di un convegno per la salvaguardia della ligustica, senza prima coinvolgere una associazione presente su tutto il nostro territorio, il cui presidente è non solo un allevatore di ligustiche iscritto all’albo, parlo di Daniele Greco, ma anche il presidente dell’Associazione Italiana Allevatori Api Regine, membro del direttivo di Unaapi e dell’AAPI. La nostra associazione organizza ogni anno corsi avanzati e in particolare quest’anno ne abbiamo organizzato uno sulla selezione di api regine, e uno sull’inseminazione artificiale. Senza chiuderci nei pregiudizi, ma offrendo ai nostri associati tutti gli strumenti per comprendere i problemi e operare delle scelte. Ora, venire in Puglia a parlare di un progetto per la selezione in purezza di ligustica senza neppure avvisare l’associazione più rappresentativa del territorio e poi accusare gli apicoltori pugliesi di non essere in grado di organizzarsi mi sembra davvero sopra le righe.

(6) Ribadisco che parlare di “ibrido” significa ricorrere a un linguaggio inadatto. Chi alleva regine lo fa seguendo dei criteri, ammesso che sia un allevatore coscienzioso. E non si può criminalizzare un allevatore di Buckfast né tantomeno ritirargli la patente di apicoltore. In Italia, la maggior parte dei professionisti non usa più la ligustica. Questo è un dato di fatto. Inutile nascondersi dietro un paravento. E quindi è altrettanto inutile attribuire o togliere medaglie al valore apistico sulla base delle razze allevate o usate nei propri apiari. Bisognerebbe piuttosto, senza criminalizzare nessuno, mettersi in ascolto delle esigenze degli apicoltori, capire cosa va storto con le ligustiche vendute sul mercato, e quali mirabolanti risultati si attendono dagli incroci che acquistano ormai da anni. E fare un mea culpa.

(7) La ligustica è l’ape migliore? Senza entrare nel dettaglio, è certo che è l’ape che è stata più riprodotta ed esportata. Esportazione che in molti casi ha comportato la scomparsa di ecotipi locali nel Mediterraneo e nel resto d’Europa, nonché nella nostra stessa Italia. La domanda è quindi: se la ligustica soppianta altre razze è cosa buona e giusta. Se altre razze o incroci arrivano a soppiantare la ligustica non va bene, perché la ligustica è la razza migliore… Telesio Interlandi non avrebbe potuto esprimersi meglio! E poi, si parla tanto di adattamento al territorio, e si sostiene che nessuna ape meglio della ligustica sia adatta al nostro territorio. Bene, benissimo… ma perché allora si esporta la ligustica in territori come la Svezia o i paesi Baltici che con l’Italia non hanno nulla a che fare? Vogliamo vietare le importazioni di razze alloctone? A questo punto vietiamo le esportazioni di ligustiche.

Senza dilungarmi oltre vorrei dire a Rinaldo Amorosi che pur stimando e apprezzando il loro progetto di salvaguardia della Ligustica applicato nella riserva dei monti Navegna e Cervia, continuo a credere che ci sia una ipocrisia di fondo nella questione ligustica. Ciò che occorre riscoprire in ogni caso non è una razza ma la capacità dell’ape di adattarsi ad un territorio e alle sue condizioni meteoclimatiche. Dinanzi alle imprevedibili evoluzioni del clima contro le quali l’apicoltore non riesce ad avere alcuna difesa, occorre cominciare a prestare attenzione alle api che più siano in grado di far fronte alle sfide dei cambiamenti climatici. Che in sostanza non seguano un modello di conduzione ampiamente superato, ma vadano incontro a nuove esigenze: equilibrio nella covata, buona gestione delle scorte, ridotta tendenza a entrare in febbre sciamatoria (il che non vuol dire non mettere celle), scarsa suscettibilità a Nosema e altre patologie dell’alveare.

Se sempre più numerosi apicoltori italiani non scelgono più la ligustica è un banale oltre che grossolano errore accusarli di essere degli “untori” o dei falsi apicoltori. Sarebbe invece più logico ascoltarli, comprendere le loro esigenze e le loro esperienze, ormai non certo della prima ora, con api “ibride”. Solo superando la criminalizzazione di chi non usa la ligustica potrà calare la cortina fumogena del sospetto e delle accuse, e si potrà parlare serenamente di api regine, di selezione e anche di preservazione di ecotipi locali.

Purtroppo, però, la ligustica è difesa in molti casi perché ad essa sono legati gli interessi economici di alcune associazioni e non mi riferisco di certo a quella presieduta da Amorosi. Interessi che tutti gli apicoltori italiani dovrebbero conoscere.

I dati ufficiali del Ministero parlano chiaro: per le annualità 2004, 2005 e 2006 il CRT per la protezione della ligustica ha ricevuto 60.000 euro annui.

Nel 2008 sono diventati 300.000 euro. Ci si domanderà: 300.000 all’anno per fare cosa? Ebbene sono soldi investiti in: “Spese inerenti all’organizzazione del programma di formazione; spese di viaggio e di soggiorno dei partecipanti; costi della fornitura di servizi di sostituzione durante l’assenza dell’apicoltore o del suo collaboratore; diffusione di conoscenze scientifiche, informazioni sui sistemi di qualità; pubblicazioni, quali cataloghi e siti WEB; costi per i servizi di consulenza che non rivestono carattere continuativo; organizzazione e partecipazione a forum per lo scambio di conoscenze tra imprese, a concorsi, mostre e fiere.” I siti web ci sono eccome.

Ad esempio, c’è www.ligustica.it, ma la home è una foto. Non si può leggere alcun contenuto e infatti si scrive “grazie per l’attenzione, saremo presto online!” (è online dal 2007! continuiamo a restare sull’attenti…).

Altro sito è www.crt4.it (creato nel 2014); in questo caso il sito mostra foto di bambini dietro un banco di scuola e specifica sotto la voce “chi siamo”: “La nostra azienda ha una consolidata esperienza nel settore INSERIRE TIPO SETTORE, settore in cui opera da oltre X anni. La nostra professionalità ed esperienza è messa al vostro servizio per cercare di soddisfare ogni vostra esigenza. La INSERIRE NOME AZIENDA realizza e vende le seguenti tipologie di prodotti: INSERIRE TIPOLOGIE PRODOTTI. Siamo inoltre specializzati nei seguenti servizi: INSERIRE TIPOLOGIE SERVIZI.” Non c’è che dire! Soldi ben spesi per siti utili a comunicare il valore della ligustica!

Quanto alle pubblicazioni… beh con tutti quei soldi ci si può anche permettere di comprare una rivista…

I lettori che oltre ad essere apicoltori sono italiani, ne trarranno una ulteriore conferma che questa è ahimè davvero la terra dei cachi!

Francesco Colafemmina

2 thoughts on “Botta e risposta

  1. E’ stato fatto il nome di Daniele Greco, Presidente dell’Associazione Italiana Allevatori Api Regine, membro del direttivo di Unaapi e dell’AAPI, un Apicoltore Allevatore che sicuramente ha tutti i titoli per mettere a fuoco le problematiche esposte dall’amico Francesco Colafemmina e dall’amico Rinaldo Amorosi, per questo sarebbe auspicabile un suo intervento per farci capire con trasparenza quali sono gli intendi dell’Associazione.
    Da apicoltore mi auguro che nonostante i toni accesi il tutto possa continuare su Apinsieme, in un dibattito costruttivo a vantaggio dell’Apicoltura Italiana.
    Carlo Petrella

  2. Francesco, la tua intervista a Giacomo, pubblicata nel mese Luglio/Agosto, credo abbia messo a fuoco il vero problema dell’Apicoltura Italiana.
    Anni addietro, quando abbiamo cominciato a parlare di Inseminazione strumentale nel gruppo Queens-bee, io, Francesco Massara, Lino de Marchi, Fabrizio Fiorito e altri, parlando degli approfondimenti, da subito si è capito che bisognava dare una risposta all’utilizzo di tale tecnica.
    Infatti, tale tecnica è un mezzo per fare vera Selezione e questa per tanti anni è rimasta sconosciuta in Italia, anzi direi contrastata come fosse un tabù.
    La denuncia di mancanza di VERA COMPETENZA nella Selezione che ha contribuito fortemente all’erosione della nostra Ligustica, un’ape meravigliosa che ha tutti i titoli per essere Selezionata e mantenuta in purezza, non può che stimolare tutte le figure autorevoli della nostra apicoltura al suo recupero.
    E’ vero ci sono stati ultimamente iniziative fallite miseramente ed io penso che la motivazione non possa che essere la mancanza di saper fare Selezione e non dei fondi messi a disposizione, in fondo da sempre siamo MOLTIPLICATORI.
    Mi ha fatto piacere anche leggere che l’amico Agostino è disponibile a un progetto comune di Selezione, magari una Ligustica Spinola di Mussi e una Ligustica ormai affermata sul territorio Bolognese e altre.
    Avanti tutta e che ognuno aggiunga un tassello in propositivo.
    Carlo Petrella

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