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L’editoriale di Luglio-Agosto 2017: C’è in Apicoltura la libertà di stampa?

L’assemblea generale dell’ONU ha dichiarato il 3 maggio di ogni anno la Giornata mondiale della libertà di stampa per evidenziarne l’importanza e ricordare ai governi i loro doveri per far rispettare l’articolo 19 della dichiarazione universale dei diritti umani. Nonostante l’Italia, nel 2017, abbia recuperato 25 posizioni ed è 52esima nella classifica sulla libertà di stampa, realizzato da Reporters sans Frontieres (Rsf), non è tutto oro quello che riluce.Per quanto ci riguarda Noi ricordiamo che il Progetto Apinsieme, Rivista Nazionale di Apicoltura, è nato con la parola d’ordine di essere slegato dalle associazioni e di non ricevere alcun finanziamento pubblico.

L’obiettivo? Mantenere indipendente la propria voce. Marciamo decisi su questa strada. Se osservassimo le api dovremmo aver capito che la loro società è dal punto di vista biologico “eterarchica”: il comando passa sempre di mano in mano, secondo le necessità. Al di là delle interpretazioni che tendono ad attribuire comportamenti e “regimi” politici all’alveare e quindi alle api è bene ribadire che sono comunità “eterarchiche” dal punto di vista scientifico, ovvero a seconda delle diverse fasi del ciclo biologico dell’alveare una determinata casta, o sotto casta, esercita una funzione di “comando”.

Ad esempio, il ben noto fenomeno della sciamatura è condizionato dalle operaie, così come la tipologia delle uova è condizionata dalle api ceraiole che costruiscono celle da fuco o operaie. Parallelamente, il feromone della regina è l’elemento aggregante e di riconoscimento dell’intero alveare. Pertanto, a differenza di quanto avviene nelle società umane, quella delle api è, in realtà, una comunità le cui parti sono talmente interdipendenti da essere riconosciute come super organismo. Affinché il super organismo funzioni è d’obbligo che ciascuna parte svolga al meglio la funzione che le è caratteristica.

Se volessimo imparare qualcosa dalle api sarebbe opportuno che ciascun organo che compone il settore apistico ricoprisse e onorasse al meglio delle proprie capacità la sua funzione. Nella realtà dei fatti, malauguratamente, ciò non avviene e l’Editoria apistica, in particolare le Riviste, non è affatto una libera espressione di una stampa autonoma di settore, ma diventa la “velina” delle associazioni che tali riviste mantengono attraverso i finanziamenti pubblici elargiti.

Noi del progetto Apinsieme non abbiamo mai voluto auto limitarci e auto censurarci, diventando l’Organo di Informazione di una Associazione e il megafono del suo presidente. Abbiamo sempre preferito accordare spazio a tutte le voci, da qualsiasi associazione provenissero. Per questa ragione ci lasciano esterrefatti veti, leggi divieti, che impediscono agli apicoltori di esprimere le proprie opinioni, quando sono interpellati dalla nostra Rivista. Ci siamo, infatti trovati, dovendo approfondire alcuni temi essenziali per l’apicoltura italiana, a rivolgerci a ben noti apicoltori che rivestono cariche sociali all’interno di associazioni apistiche.

Come è andata? Molti fra loro ci hanno risposto che avevano bisogno dell’autorizzazione formale del proprio Presidente o Direttivo, per poi di fatto non farci pervenire più alcuna risposta. Ciascuno di noi non può non comprendere come questi antagonismi infantili non siano altro che il segnale di una “guerra tra poveri”, per contendersi un “osso” già piuttosto spolpato. Di contro, se si volesse ottenere un qualche risultato utile agli apicoltori in quanto tali, senza richiedere tessere o professioni di fede, si dovrebbe operare con un metodo diametralmente opposto. Quale? Riunire e rendere sinergiche le persone e le realtà migliori e più qualificate del nostro settore.

Così noi rimaniamo sempre a disposizione alla pubblicazione di contributi provenienti dalle associazioni.

Massimo Ilari

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