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L’editoriale di Maggio 2025 GLI INSETTI E GLI IMPOLLINATORI: QUALE FUTURO?

Alcuni giorni orsono, necessitato di attuare alcune connessioni su temi ambientali e sulla politica ambientale dispiegata dalla UE, mi sono imbattuto in un bellissimo testo di Leonardo Sciascia. L’ho trovato ne “l’affaire Moro”, Sellerio Editore, 1978. C’era ancora la Lira e mi sono commosso: 3.550 lire, il prezzo del libro. Molti fra voi si staranno chiedendo “Che c‘entra Sciascia, Moro e la Lira con gli insetti e gli impollinatori?”. Che c’entri lo capirete presto. Quando si comincia a leggere un libro non si può sfuggire all’incipit. A meno che non si sia dei lettori frettolosi: “il tempo è danaro”.. Allora leggiamo, Insieme, alcune righe di questo, apparentemente, oscuro inizio. “Ieri sera, uscendo per una passeggiata, ho visto nella crepa di un muro una lucciola. Non ne vedevo, in questa campagna, da ameno quarant’anni: e perciò credetti dapprima si trattasse di uno schisto del gesso con cui erano state murate le pietre o di una scaglia di specchio, e che la luce della luna, ricamandosi fra le fronde, ne traesse quei riflessi verdastri. Non potevo subito pensare alla ricomparsa delle lucciole dopo tanti anni che erano scomparse.

Erano un ricordo ormai dell’infanzia allora attenta alle piccole cose della natura. Le lucciole le chiamavamo cannileddi di picuraru… le candeline del pecoraio, dunque. Ogni tanto ne prendevamo qualcuna, la tenevamo delicatamente chiusa nel pugno per poi aprirne a sorpresa…”. Quel mondo ormai non c’è più e nei primi anni ’70 della scomparsa delle “Lucciole” scrisse anche Pier Paolo Pasolini. Siamo nel 1975 e Pasolini punta il dito sulla scomparsa dei vecchi valori, scalzati dal consumismo.  Sciascia intende altro “Nei primi anni ’60, a causa dell’inquinamento dell’aria e, soprattutto in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più”.  Cominciava l’attacco alla biodiversità. Ora, però, gli insetti sono tosti e nonostante le condizioni avverse in alcune aree del Paese le lucciole sono ricomparse. Ci indicano che qualcosa si può ancora fare. Come? Puntando sugli impollinatori. Qualche anno fa lo scrittore e giornalista Adriano Sofri paragonò la scomparsa delle api alle lucciole di Pasolini. Del resto l’ape è un impollinatore

“Se qualcuno non l’ha ancora compreso il nostro dovere impone di rispettare una squadra numerosissima di impollinatori costituita da farfalle, coleotteri, bombi, e di api, solo pe citare i più importanti. Quanti sono? Esattamente lo sanno solo gli esperti, ma è il momento di rendere noto il dato a tutti. A livello mondiale se ne contano quasi 20.000 specie. Un patrimonio da conservare se vogliamo il futuro del Pianeta. La ricchezza italiana, poi, è unica. Nel belpaese ne abbiamo oltre 1.000 specie” fa presente il professor Santi Longo, già ordinario di Entomologia applicata all’Università di Catania e assiduo collaboratore di numerose riviste scientifiche.

Il professor Santi Longo spiega anche nella sua attività di conferenziere che quella più efficiente, dal punto di vista organizzativo e produttivo è l’ape da miele. Messa in pericolo, come sappiamo benissimo, dai cambiamenti climatici e da pratiche agricole basate su un eccesso di chimica tossica che ne mette a rischio l’esistenza. Così le api muoiono anche per fame: per mancanza di cibo. Per alcuni entomologi le api selvatiche da questo punto di vista si trovano meglio, visto che rimane nella loro disponibilità alimentare tutto il miele che producono. Ma dove sta il vero pericolo? La grande emergenza nei nostri territori sono proprio i prati polifiti. Cominciano a mancare i pascoli per il ricorso alle produzioni agricole basate sulle monoculture – sottraggono terreno – e su un’agricoltura che spara con il cannone la chimica tossica sui terreni e sulle piante”, fa presente il dottore Paolo Fontana, naturalista, entomologo e ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach di Trento; dal 2009. Presidente della World Biodiversity Association; apicoltore da oltre 30 anni. Che chiosa. “A livello urbano si comincia a muovere qualcosa sia nei piccoli comuni che nelle aree delle grandi città. Così si cominciano a riservare spazi destinati ai prati polifiti e a specie di interesse apistico. Anche il singolo cittadino che possiede un giardino – pur se piccolo – può dedicarsi alla diffusione dei prati e alla coltivazione di piante mellifere”. Fondamentale anche l’agricoltura bio ed è imperativo che tutti lo comprendano, Devono crescere, poi, le politiche di sostegno UE.

Buona la strategia europea «Farm to Fork» (Dal produttore al consumatore) raccomanda esplicitamente: «Ai metodi chimici devono essere preferiti metodi biologici sostenibili e altri approcci non chimici». E l’Unione Europea agevola il lavoro degli agricoltori che mettono in pratica tecniche agricole favorevoli agli impollinatori, principalmente attraverso il Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (FEAGA) e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR). Nel periodo 2023-2027, sono a disposizione 218 milioni di euro per chi riduce l’uso di fitosanitari e favorisce la presenza di habitat per gli impollinatori. Solo nel 2023, questo intervento ha coinvolto oltre 62.000 ettari. Inoltre, l’UE destina 780 milioni di euro a chi non utilizza diserbanti chimici nei terreni dove cresce erba spontanea, con 1 milione di ettari supportati nel 2023. Sono previsti anche 819 milioni di euro per chi alterna le colture: nel 2023 coinvolti 3 milioni di ettari. Le piante che ricevono un’impollinazione efficiente e adeguata producono una maggiore quantità di frutti e di migliore qualità. Un intervento prioritario per la salvaguardia degli impollinatori è rappresentato dall’agricoltura biologica, promossa dalla Ue con oltre 2 miliardi di euro di finanziamenti nel periodo 2023-2027. Nel solo 2023, i fondi europei hanno sostenuto 822.000 ettari coltivati con il metodo biologico.

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