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L’editoriale di Maggio 2017: Anagrafe apistica e furti

L’Apicoltura di casa nostra ha sul tavolo due “patate bollenti” che è d’obbligo risolvere in tempi stretti per dare maggiore forza a un settore assediato da tante emergenze: mancata produzione degli ultimi anni (deficit economici di ritorno), patologie dell’alveare, Aethina tumida, Vespa velutina, variazioni climatiche, siccitosi, prodotti fitosanitari tossici usati in agricoltura e tanto altro ancora. E torniamo alle due patate bollenti. In primis, l’Anagrafe Apistica (BDA) che riserva non poche sorprese. Prendendo visione degli ultimi dati della BDA si nota che il censimento degli alveari, che va dal 1 novembre al 31 dicembre 2016, mostra risultati in tutto e per tutto deludenti: viene fuori che, a fronte di 89.103 apiari precedentemente iscritti, solo 69.165 hanno provveduto ad aggiornare il dato del censimento apistico entro il periodo prescritto.

Considerazioni? Amare, e ne spiego la ragione. È chiaro che il numero di alveari censiti ammonta solo a 1.108.812 (è bene ricordare che precedentemente, alla presentazione del Programma apistico italiano 2017-2019, erano stati dichiarati un numero di alveari pari a circa 1.316.774). E non è tutto. Si nota, addirittura, che in alcune Regioni il numero di apiari censiti è circa la metà di quelli registrati. Insomma, moltissimi alveari mancano tuttora all’appello.

Conseguenze? Siamo di fronte a una situazione che rischia di riflettersi pesantemente sul finanziamento del prossimo programma triennale italiano 2019-2021 e pure sulla ripartizione dei fondi tra Regioni e Province autonome per la prossima campagna 2017-2018 che, se la situazione non si normalizzerà a breve, vedrà penalizzate fortemente quelle realtà territoriali meno “virtuose”.

Il quadro non è certo confortante e sembra logico raccogliere l’invito che proviene dal ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per porre in atto tutte le azioni idonee a sanare, o quantomeno ridurre, quella che appare una forbice assai problematica per un comparto che non assicura risorse economiche adeguate al singolo apicoltore.

È altrettanto chiaro che la diminuzione delle registrazioni, ammonta a circa il 20%, pone non poche questioni. Per quanto mi riguarda un’idea me la sarei fatta, e non è proprio positiva. Qualcuno in passato ha “pompato” i numeri?

Le sanzioni, poi, ci devono far molto riflettere e ci portano a pensare che…

Il Collegato agricolo, infatti, obbliga chiunque detiene alveari di farne, a proprie spese, denuncia e comunicazione di variazione alla banca dati dell’anagrafe apistica nazionale.

Chiunque dovesse contravvenire all’obbligo di denuncia della detenzione di alveari o di comunicazione della loro variazione all’anagrafe apistica nazionale è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 1.000 euro a 4.000. Noi di Apinsieme, Rivista Nazionale di Apicoltura, crediamo che si stia sottovalutando e non poco un problema che ha bisogno di soluzioni rapide.

E veniamo ai Furti. Anche qui è emergenza, anche se si tende alla sottovalutazione e c’è chi parla di presunta fisiologicità, mentre costano migliaia e migliaia di euro ai malcapitati apicoltori che li subiscono. Una fisiologicità campata in aria, visto che la mancata produzione di miele delle ultime annate produttive li ha visti crescere lungo tutto lo Stivale.

In più, salvo sparute eccezioni, non si è ancora provveduto a fare una stima esatta dell’entità del danno (uccisione di api, mancata produzione di miele, mancata produzione di sciami, ecc. ecc.). Di fatto, i furti causano una sensibile perdita economica e se non bloccati rischiano di far crescere nel nostro settore le attività illegali che rappresentano una minaccia per l’apicoltura, la salute degli animali e la salute pubblica: è in gioco la sottrazione di materiale biologico e di un alimento: il miele. È giunto il momento di muoversi per cercare uno stretto coordinamento con le forze dell’ordine (necessitano controlli stringenti sul territorio), con le autorità sanitarie, e per mettere in piedi uno stretto controllo sull’origine delle api. La loro parte la debbono fare anche gli apicoltori. Ad esempio, quando acquistano gli sciami debbono sincerarsi sulla loro provenienza e lo stesso iter occorre seguire per chi pratica servizi d’impollinazione.

È giunto il momento di verificare con serietà queste diverse operazioni. Infine, non deve mancare la presenza delle Associazioni. Purtroppo a molti apicoltori non passa neppure per la testa di organizzarsi per costituirsi Parte Civile.

L’obiettivo? Pretendere un’azione risarcitoria nei confronti degli autori del reato e anche come segnale di ammonimento a chi volesse continuare a “rubare”. Qui non aiuta neppure il codice che non prevede come deterrente, a nostro modo di vedere, pene adeguate.

Per un apicidio di circa 300 alveari la multa è di appena 300 euro (sentenza del tribunale di Lucca). Eppure, qualche mese fa si è tenuta a Firenze, come ha sottolineato il presidente di Anai Sergio D’Agostino, una riunione per preparare le adeguate contromosse.

C’erano anche le Istituzioni e i carabinieri-forestali. La decisione forte? Aumentare i controlli. Gli apicoltori presenti si sono espressi andando oltre l’associazione di appartenenza, auspicando per il futuro una collaborazione sui fatti e non sulle insegne, per mandare un segnale forte a coloro che nel futuro avessero ancora intenzione di delinquere.

Certo non è mancata la rassegnazione di chi l’ha gettata in “caciara”: «… o che vuoi i furti ci sono sempre stati, gli alveari li hanno sempre rubati». Tesi risibile e non a caso nell’ultimo mese si è verificato un incremento dei furti di alveari che è ridicolo pensare di risolvere solo con sistemi di localizzazione. A quando un serio impegno da parte delle Istituzioni?

Massimo Ilari

 

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