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L’editoriale di Giugno 2017: Salvare i semi antichi e le Api

Lo scorso 24 maggio ero a Bologna dove Coldiretti e Sis, la Società Italiana Sementi con capitale 100 per 100 italiano detenuto dagli agricoltori attraverso i Consorzi Agrari, hanno presentato uno studio sul rischio di scomparsa dei semi antichi ma anche le azioni di contrasto messe in atto dagli agricoltori italiani per salvarli, con in mostra gli antichi semi salvati, dal grano al riso fino all’erba medica.
È stato lanciato l’allarme contro l’omologazione e la standardizzazione delle produzioni a livello internazionale che mettono a rischio gli antichi semi della tradizione italiana, sapientemente custoditi per anni da generazioni di agricoltori.

Un pericolo per i produttori e i consumatori per la perdita di un patrimonio alimentare, culturale e ambientale del “Fatto in Italia” ma anche un attacco alla sovranità alimentare e alla biodiversità, fondamentale anche nella lotta ai cambiamenti climatici che stanno portando alla nascita di nuove malattie.
E quando si evoca la biodiversità non possono che venire a mente le api e l’apicoltura.

In merito sentiamo che cosa dice l’Efsa (European food safety authority):
“l’apicoltura è una tradizione antica. In Europa le api da miele vengono allevate da diversi millenni. Le api sono fondamentali per l’ambiente, in quanto favoriscono la biodiversità, svolgendo l’essenziale ruolo dell’impollinazione per numerose colture e piante selvatiche. Contribuiscono direttamente alla ricchezza e al benessere dell’uomo grazie alla produzione di miele e di altri prodotti quali, ad esempio, il polline, la cera per la lavorazione degli alimenti, la propoli nella tecnologia alimentare e la pappa reale come integratore dietetico e ingrediente alimentare.
Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. La maggior parte delle colture nell’Unione europea dipende dall’impollinazione degli insetti. Inoltre, al di là del valore fondamentale dell’impollinazione per la conservazione della biodiversità, il suo valore monetario annuo globale è stato stimato in centinaia di miliardi di euro. Alla luce, quindi, dell’importante valore ecologico ed economico delle api, è necessario monitorare e mantenere riserve di api sane, non soltanto a livello locale o nazionale, ma anche a livello mondiale. Ecco perché le api prediligono habitat ricchi di biodiversità”.

Un monito da interiorizzare, visto che le api rischiano di fare la fine dei semi perché vi è in apicoltura un’ibridazione di fatto (disomogeneità delle sottospecie presenti sul territorio nazionale) e un’ibridazione commerciale (Buckfast), che comportano un’erosione genetica rispetto alle sottospecie autoctone (Ligustica nella maggior parte del territorio italiano; Carnica nell’estremo Nord Est; Sicula in Sicilia e Mellifera mellifera nella Liguria di Ponente).

Risultato? Perdita di variabilità genetica che determina api più suscettibili a patogeni e parassiti, e perdita della biodiversità in termini più generali, con ricadute ecologiche negative. Nel numero di luglio/agosto il nostro esperto, Luca Tufano, farà il punto trattando il rapporto tra miglioramento genetico delle regine e tutela della biodiversità.

Massimo Ilari

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