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Miele 100% italiano, Editoriale 2021-02

Chiamare Made in Italy un prodotto che nasce interamente in Italia è veramente troppo per noi, per parafrasare il grande Ceronetti, visto che ormai lo ripetono anche i pappagalli. Come al solito non ci facciamo mancare niente e così ricorriamo a un anglicismo per denotare l’italianità di un prodotto.

Non vi sembra una cosa al di fuori del mondo? E allora il “Made in Italy”, fondamentale per l’economia del Paese, è così problematico chiamarlo “Prodotto in Italia o Origine Italia o 100% Italia?”. E ciò sarebbe facilissimo per il nostro Miele, visto che da tempo riporta la dicitura Origine Italia e il Sigillo Miele Italiano, se prodotto nel belpaese.

«Credo che ciascun apicoltore dovrebbe fare uno sforzo per promuovere non solo il proprio miele come un prodotto di qualità o legato al territorio ma evidenziando che è Miele Italiano perché questa sottolineatura aiuta l’intero settore a focalizzare l’attenzione del consumatore sulla provenienza del Miele e sul valore aggiunto di produzioni di qualità e legate alla biodiversità di territorio. Qualità del prodotto e la sua biodiversità se coincidono con Italianità, sono a tutto vantaggio del consumatore e dell’intero comparto», afferma Francesco Colafemmina, apicoltore e imprenditore pugliese.

In più tutti i dati ci dicono che portare il focus sul miele italiano, strillandolo, quanto più possibile, in etichetta è un valore aggiunto e che tira molto in questo periodo di crisi. Leggete bene queste cifre. I numeri del Rapporto Ismea (l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) sono più che eloquenti: dopo due anni di consumi bloccati, quasi l’intero 2020 ha fatto fare al dolce prodotto delle api un balzo di vendite mai visto nell’ultimo decennio, portando la quota dei barattoli venduti da126 a 146 milioni tra 2019 e 2020.

In più, il pericolo covid ha determinato un cambiamento dell’identikit del consumatore medio.
Prima sul gradino più alto dei consumi era l’anziano benestante, ora sono soprattutto le giovani famiglie a reddito medio-basso con figli piccoli a mettere in prevalenza il barattolo del miele nella sporta della spesa, acquistandolo nei negozi o direttamente dall’apicoltore.

Con la svolta salutista degli italiani – l’obiettivo è rafforzare il Sistema Immunitario per affrontare al meglio la pandemia – c’è stato l’aumento del 13% degli acquisti familiari di miele nei primi nove mesi del 2020. La nota stonata? Il comparto italiano produce il 25% in meno di quanto potrebbe. Obbligandoci a importare dall’estero il miele.
E sì, il comparto italiano produce almeno il 25% in meno di quanto potrebbe. Obbligandoci a importare dall’estero il miele. Per quanto risulta a noi di Apinsieme la produzione interna nel 2020 si è attestata su appena 12-13 mila tonnellate. Risultato? Non va bene per l’intero comparto che più di 1 vasetto di miele su 2 provenga dall’estero.
L’Apicoltore deve ricordare al consumatore che la parola Italia è obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale, mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – fa bene la Coldiretti a ricordarlo – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”. Badate non è una questione di poco conto: il mercato del “Prodotto in Italia” muove circa 42 miliardi di euro l’anno. In pratica la presenza di un’etichetta che metta in risalto l’origine italiana è in grado di incrementare le vendite dello 0,7% in presenza del tricolore e del +3,5% con la scritta “100% italiano”.

A pagina 27 trovate la locandina che lancia la campagna di Apinsieme “ADOTTA UN APICOLTORE, ACQUISTA MIELE ITALIANO!”

(elab grafica epas.Apinsieme)

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