You are here
Home > appuntamenti > Aethina tumida, ripartiamo da zero

Aethina tumida, ripartiamo da zero

Carissimi apicoltori/apicoltrici le considerazioni che state per leggere su Aethina tumida sono il frutto di una lunga riflessione all’interno della redazione di Apinsieme, Rivista Nazionale di Apicoltura.

Abbiamo aspettato qualche giorno prima di renderle note, soprattutto per capire lo stato delle cose.

Il nostro obiettivo? Superare le barricate politiche e ideologiche tra A.N.A.I., FAI, UNAAPI, CONAPI, CREA-API, ministero della Salute, IZS, e promuovere un nuovo approccio al problema Aethina che possa portare in tempi brevi alla definizione di un Piano Nazionale di Emergenza.

Il Piano dovrebbe contenere tutte le certezze che mancano al settore: che cosa accadrà quando si passerà al contenimento; quali saranno le conseguenze per gli apicoltori delle altre regioni italiane; come lo Stato intenda promuovere azioni a supporto dell’adeguamento delle aziende all’emergenza; come avverranno i controlli e quali saranno le pene per chi viola le regole.

Insomma, a noi interessa che l’apicoltura non continui a essere la Cenerentola della zootecnia italiana perché tutti gli attori in campo superino le divisioni per uno sforzo comune nell’interesse di tutti.

A tale riguardo, lanciamo la proposta di una tavola rotonda, da organizzare quanto prima, presso le sedi istituzionali, per porre tutti di fronte alle proprie responsabilità.

Apinsieme, Rivista Nazionale di Apicoltura

 

Cosa è successo?

Il ritrovamento in provincia di Cosenza di alcuni esemplari di AT nei nuclei non dichiarati di un apicoltore siciliano (che deteneva circa 200 alveari “fantasma” in Calabria) può sembrare una sconfitta, la prova dell’inutilità di due anni di roghi. Personalmente non penso si tratti di questo. Ogni protocollo di risposta all’arrivo di un parassita esotico deve partire dall’opportunità della sua eradicazione, per poi passare a dinamiche di contenimento. Laddove il tentativo di eradicazione fallisce, bisogna cercare le responsabilità del fallimento. Credo che tali responsabilità vadano suddivise equamente fra istituzioni, associazioni e singoli apicoltori.

Bruciare è impopolare

I roghi sono il massimo dell’impopolarità. Si poteva convincere l’apicoltura calabrese ad accettare questa situazione solo promettendo dei rimborsi che sono arrivati non proprio tempestivamente. D’altro canto le istituzioni avrebbero dovuto assicurare il costante supporto degli apicoltori, il monitoraggio professionale della situazione, degli studi sul campo per comprendere l’evoluzione del problema. Questo è stato fatto ma non in maniera soddisfacente. Lasciarsi sfuggire 200 alveari che da 10 anni giravano in quella zona è una responsabilità piuttosto grave. Così come manca ancora oggi una spiegazione credibile della proliferazione dell’AT in quella zona. Si continuano a ritrovare adulti, ma ancora pochissime larve. E non è chiaro se ciò dipenda da dinamiche di popolazione di AT o dal mancato rinvenimento di alcuni luoghi di proliferazione del parassita. Sulla scorta dell’impopolarità del tentativo di eradicazione si è sviluppato un sentimento di ribellione, quasi di sfida allo Stato, alimentato dalla guerra fra associazioni. In questa conflittualità hanno potuto operare indisturbati e quasi quasi giustificati nella loro illegalità apicoltori come colui che ha portato AT in provincia di Cosenza.

Cosa possiamo fare?

Io non credo che l’eradicazione sia stata vana o inutile. Ha certamente ritardato l’avanzata di AT e il suo sviluppo. Abbiamo guadagnato tempo da un lato ma lo abbiamo anche perso. Non si sono infatti implementati studi comportamentali su AT nella zona rossa, onde verificarne le dinamiche di sviluppo e determinare un potenziale modello di diffusione nei così diversi territori della nostra penisola. Nello stesso tempo in due anni di un certo qual immobilismo non sono stati stanziati fondi da destinare alla ricerca su AT, o all’adeguamento delle aziende apistiche a standard adeguati a contrastare la presenza di AT. Insomma manca una prospettiva futura. C’è grande impreparazione e molti credono o si illudono che la diffusione di AT sarà indolore o pensano che un po’ di fipronil o una trappola al coumaphos (entrambi prodotti vietati) potranno risolvere il problema. Occorre sollecitare gli attori in campo – istituzioni, associazioni, apicoltori – a definire una road map per il contrasto dell’AT e la diffusione di pratiche di controllo e di contenimento sostenibili. Nonché la previsione di cosa potrà accadere, dei possibili scenari sia sotto il profilo del comportamento di AT nelle altre regioni italiane, sia sotto il profilo del destino delle aziende che potranno essere sottoposte a blocchi di movimentazione o divieti di esportazione di materiale vivo. Occorre insomma sedersi attorno a un tavolo, rinunciando a prese di posizione politiche, ma guardando solo – utopia? – al bene dell’apicoltura.

Le aziende a rischio

Sono chiaramente a rischio, in caso di diffusione di AT sul territorio, non solo le aziende che fanno nomadismo e che hanno subito i blocchi di movimentazione. Sono a rischio gli allevatori ed esportatori di regine e di api vive, sono a rischio i grossisti di miele perché è paventato il rischio di divieto di esportazione dei fusti se non prima sottoposti a trattamento termico per evitare l’eventuale schiusa di uova di AT. Sono a rischio tutti gli apicoltori bio, perché l’avvento di AT corrisponderà a un incremento di prodotti vietati e sarà molto complesso il contrasto con trappoline o panni di fibra sintetica. Sono a rischio numerosi apicoltori italiani che dovranno decidere se chiudere o adeguare le loro aziende dotandosi ad esempio di celle frigo. L’incognita AT pesa sul futuro dell’apicoltura, specie in una stagione come quella 2016 segnata da pesanti cali di produzione, perché non ci basta prendere ad esempio i dati degli USA o dell’Australia (con perdite nei primi anni comunque vicine al 15%/20% degli alveari), paesi con modelli produttivi nettamente diversi dal nostro e perché non sappiamo ancora quale impatto avrà sulle diverse zone d’Italia. Perciò occorre ponderare bene il problema, evitando risposte ideologiche o questioni di principio. Questo va fatto per difendere l’apicoltura italiana, già minacciata dall’aumento costante delle importazioni e dalle problematiche meteorologiche. Diamoci da fare, con pazienza, tenacia e senza pregiudizi. Occorre riunire le forze e le competenze per evitare che AT possa decretare la fine dell’apicoltura italiana che abbiamo conosciuto finora.

 

Apinsieme
Quelli che vogliono far volare insieme le Api

One thought on “Aethina tumida, ripartiamo da zero

  1. A parte l’inutilita dei roghi che non sono serviti a niente ( solo a specularci sopra dagli enti preposti ) , e a costringere le aziende calabresi a chiudersi a riccio e tentare di arginare la situazione alla meno peggio .
    Non e’ vero che i risarcimenti sono stati elargiti ; chi si è opposto al sistema li sta ancora aspettando e sta subendo ricatti e persecuzioni con il menefreghismo delle associazioni di categoria interessate ai lucri dei nuovi decreti .

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Top