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L’editoriale di settembre 2018: Produzione no, produzione sì

È dalla metà di agosto che si susseguono allarmi e smentite sulla produzione del miele in Italia nell’annata primaverile-estiva 2018. Posizioni contrastanti che vi presentiamo nell’editoriale. La nostra? Crediamo che le produzioni primaverili siano state carenti da nord a sud. Per fortuna, si è verificato un cambio di tendenza in quelle estive. Il bilancio? In attesa di ulteriori verifiche, discreto.

È dalla metà di agosto che si susseguono allarmi e smentite sulla produzione del miele in Italia nell’annata primaverile-estiva 2018. C’è chi parla di api e di clima impazziti per l’alternarsi di caldo e freddo, in primavera, del caldo e delle bombe d’acqua. Tutto ciò avrebbe determinato una difficoltà per le api e di conseguenza il calo della produzione di miele anche nel 2018. Insomma, i cambiamenti climatici sembrerebbero avere un impatto negativo sempre più evidente su api, miele e impollinazione. Impatto che si va a sommare a quello esercitato dalle patologie che colpiscono l’alveare e alle sostanze tossiche impiegate in agricoltura. C’è chi addirittura afferma che da qui a 100 anni potremmo dover dire addio al miele. Un team di ricercatori dell’Università di Milano, che hanno preso in esame l’impatto dei cambiamenti climatici sulle api “Ricerca su possibili influenze dei fenomeni climatici e ambientali quali fattori determinanti l’assottigliamento delle popolazioni apistiche mondiali” e, di conseguenza, sulla produzione di miele, lancia l’allarme su quanto potrebbe accadere. Vediamo che cosa dicono. «La stagione invernale sempre più corta e calda ha innescato un allungarsi della finestra di attività delle api, ipotizzabile in 20-30 giorni di lavoro in più l’anno, e uno stress aggiuntivo per gli impollinatori che comprometterebbe la loro salute. Il sincronismo tra la fase della fioritura e la ripresa delle attività di volo delle api dopo l’inverno potrebbe aver subito importanti sfasature. L’inverno che cambia ha impatti anche sul ciclo vitale delle api, con conseguenze sulle covate».
E non è tutto. Il secondo Rapporto sul Capitale Naturale in Italia, presentato dal ministero dell’Ambiente a febbraio 2018, dedica un capitolo al servizio eco sistemico dell’impollinazione e dei danni che potrebbe subire dalla moria delle api, riportando i dati delle ultime ricerche realizzate nel nostro paese per una sua quantificazione economica. Nel 2012 il valore della produzione agricola di mele, pere e pesche è stata di 473,48 milioni di euro, è stato valutato in 56,96 milioni di euro il valore economico dipendente direttamente dall’impollinazione per il settore mele, pere e pesche.
In definitiva, il servizio eco sistemico d’impollinazione contribuisce a circa il 12% del valore della produzione agricola del settore preso in esame.
A scattare una fotografia impietosa sulla produzione 2018 è anche Emilio Iacovanelli, archivio storico dell’apicoltura italiana. «In Sicilia e Calabria e parte del sud i primaverili sono andati malissimo, per l’arancio si deve registrare uno zero. Con gli estivi la produzione si è ripresa un po’ con il millefiori. L’Acacia si è prodotta a nord e con la produzione estiva si è ripreso il millefiori. Per non farla lunga, in primavera c’è stato un raccolto deludente, con una ripresa estiva a macchia di leopardo. In definitiva, produciamo il 50% di quello che serve e manca il 50% di quello nazionale. Eppoi, c’è da dire che le produzioni agricole danno sempre meno fiori nettariferi.
I fiori ci sono ma non danno nettare. Il seme di medica è stato modificato, così il seme di girasole e la sulla non si semina più perché non ci sono le stalle. L’avvenire non è roseo, soprattutto per le grandi produzioni e si ritornerà verso l’apicoltura hobbistica, come 50 anni fa».
Più ottimista Raffaele Terruzzi, presidente del gruppo Miele AIIPA (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari). «Dopo parecchi anni in cui la produzione di miele italiano era stato effettivamente molto sofferente (2017), quest’anno millefiori, castagno e acacia hanno iniziato a ripopolare i magazzini degli apicoltori. Purtroppo, abbiamo avuto una perdita quasi totale del miele di arancio che sta influendo, dal punto di vista del prezzo, sul mercato dei mieli chiari. Possiamo aggiungere che pur non essendo tornati ai tempi d’oro, l’annata 2018 è stata una boccata di ossigeno per di-verse aree del Paese. Ciò ci permette di non vedere più penalizzato il settore produttivo italiano che è sempre oggetto di attacchi e viene continuamente indicato come un settore sempre in calo, mai in crescita». E che dicono gli apicoltori? Parlano di ripresa rispetto allo scorso anno, ma a macchia di leopardo. A questo punto, Apinsieme porterà avanti un’inchiesta per verificare la situazione.

Massimo Ilari

puoi scaricare l’intero pdf di settembre da >>> questo link

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